Anche se ormai da due lunghi anni non abito a Palermo, la mia città è sempre presente in me che di lei, “Regina dei tempi passati”, sono da sempre appassionata.
Poi succede che la politica torni a fartene parlare quotidianamente, a fartela pensare, a fartela anche compiangere, con amarezza, ma con la speranza o forse l’illusione che qualcosa possa cambiare e che questa Perla ormai opacizzata ritorni a splendere.
Poi ci si ritrova ad assistere a strane trasformazioni (con la solita paura gattopardesca che tutto si trasformi per non cambiare mai), a guerre intestine forse troppo accese, al vecchio che viene visto come nuovo e il nuovo che viene prospettato come vecchio, in una confusione pazzesca e al non sapere mai cosa è meglio per Palermo, una città martoriata da sempre, una città spaventata, che ha paura di guarire, soprattutto in tempi di crisi quando le cure sembrano più dolorose della malattia.
Non voglio qui fare un’ analisi delle appena passate elezioni e tantomeno previsioni riguardo alle nuove, non per superficialità ma perché credo che queste valutazioni meritino spazi e approfondimenti più adatti, spero solo che alla fine di tutto ci sia una pacificazione e una speranza.
Ritornando all’inizio del post, quando ti ritrovi a parlare ogni giorno di qualcosa, in questo caso di Palermo, ti domandi come e quando sia nato questo amore: il mio primo interesse per la mia città nacque alle scuole elementari quando la mia dolcissima maestra portò me e tutti i miei compagni, insieme ad un archeologo, a visitare il centro storico. Di quel giorno ho tanti ricordi anche se non tutti nitidissimi, quando quell’ archeologo cominciò a descrivere il nostro bel Fiore, quando ci presentò le vecchie mura attorno al Palazzo dei Normanni, mi emozionai tanto e ricordo perfettamente che toccai quelle antiche pietre per sentirmi parte di loro e di tutta quella umanità che le aveva sfiorate prima di me. In quell’occasione e in altre successive visitammo i monumenti più importanti ed in quel momento decisi che sarei diventata archeologa (uno degli infiniti miraggi abbandonati negli anni).
Ovviamente non sono diventata archeologa ma l’amore per Palermo e per la storia non mi ha mai abbandonata.
E l’amore per Palermo ancor di più lo sento quando “approfondisco” la cucina palermitana… una cucina dove la fantasia spesso si sostituisce alla ricchezza.
Per esempio qualche giorno fa mia madre ha preparato un piatto della cucina povera palermitana, davvero economico, semplice da preparare, ma molto gustoso. Un piatto che si prepara in pochi minuti e che sprigiona un profumo notevole: “U caciucavaddu cu sucu e u riano” (caciocavallo con salsa di pomodoro e origano).
Gli ingredienti di base sono il formaggio caciocavallo fresco, prodotto con il latte della mucca cinisara, continua