I colori dei damaschi – Sebastiano Caracozzo in mostra a Terrasini

“Sebastiano Caracozzo, nella sua mostra di pittura intitolata “I colori dei damaschi”, presenta opere ispirate alle tradizioni antropologiche, popolari e religiose di una Sicilia colta che parla di miti e leggende intramontabili. Partendo dall’iconografia classica del folclore siciliano, l’autore reinterpreta con tratto personale ed originale le geometrie, i simboli ed i colori peculiari dei carretti siciliani, in un incontro di miniature e cornici contenenti oggetti che rappresentano la storia della Sicilia. Da questo racconto in immagini si sviluppa la particolare narrazione delle tradizioni religiose tipiche della Settimana Santa, che in Sicilia presenta una complessità di contenuti e simbologie dei temi teologici, dovuta ai numerosi influssi delle dominazioni che si sono susseguite in questa terra. Messi in scena i volti dei protagonisti principali della Passione, interpretati con estrema raffinatezza, sensibilità e maestria. Volti armoniosi, belli, dall’espressione estatica. Non guardano verso lo spettatore, ma si rivolgono ad un mondo ultraterreno e ad una realtà salvifica a cui anelare. Una rassegna di immagini eleganti che sembrano uscite da uno scrigno prezioso, traboccante di ori, gioielli, tessuti, intrecci e dedali di pregiate trame oniriche. Sebastiano Caracozzo dipinge su stoffe di damasco carezzando le loro luci e opacità, le onde, i disegni floreali con pennellate morbide di colori a volte tenui a volte più decisi. Damaschi che sono il perfetto supporto per queste opere d’arte che come in una drammaturgia teatrale rievocano sentimenti profondi che ispirano e rendono lo spettatore partecipe di emozioni, che si levano leggere verso l’alto e che non riescono ad essere sopite.” Evelin Costa

Sebastiano Caracozzo nasce a Mistretta (ME), vive ed opera a Palermo. Pittore autodidatta dipinge prevalentemente figure e paesaggi interpretati con stile personale su vari supporti tra i quali tessuti, tele e carte damascate. Alcune sue opere sono esposte presso il Museo Diocesano di Palermo e Monreale, presso il Museo di Sant’Angelo di Brolo. Ha partecipato a molte mostre d’arte ed ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali quello attribuitogli da una commissione presieduta da Maurizio Calvesi nella città di Fondi in provincia di latina.

 

Domenica 9 Aprile 2017 alle ore 18.00 presso il Margaret Cafè in Via Madonia 93 a Terrasini (PA), sarà inaugurata la mostra di pittura di Sebastiano Caracozzo intitolata “I colori dei damaschi”. La mostra, promossa dall’Associazione Asadin con la collaborazione di Evelin Costa, sarà visitabile fino al 27 Aprile 2017, tutti i giorni dalle 9.00 alle 23.00.

                                               

 

Inaugurata a Terrasini la mostra SICILIE–L’identità molteplice di Pino Manzella e ass.ne Asadin

E’ visitabile a Terrasini (PA), fino al 26 Agosto 2016, la mostra pittorica e fotografica intitolata “SICILIE–L’identità molteplice”, ospitata dalla splendida cornice offerta da Torre Alba, una delle suggestive torri costiere di Sicilia, che si eleva su una falesia di marne rosse tra Cala Rossa e Cala Bianca.

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Esposti cinquanta dipinti che rappresentano la Sicilia nelle sue molteplici sfaccettature, tutti realizzati da Pino Manzella, pittore nato a Cinisi, che ha cominciato a disegnare fin dai primi anni Settanta all’interno delle attività politiche e culturali animate da Peppino Impastato, che si svolgevano nel Circolo Musica e Cultura e poi a Radio Aut, tra Cinisi e Terrasini. Le sue inizialmente erano vignette e manifesti, negli anni a seguire la sua pittura, ricca di riferimenti letterari e messaggi da decodificare, si è fatta veicolo tra la memoria ed il presente, già attraverso la scelta di dipingere su carte antiche, recuperate dal pittore nelle bancarelle dei mercati popolari, con lo scopo di non incasellare il passato in un tempo che non c’è più, ma di trasformarlo in linfa per un futuro di cambiamento.

A queste “Sicilie” dipinte da Pino Manzella si affiancano le fotografie dei soci dell’Associazione Asadin, che si sono ispirati ai quadri, sviluppandone alcuni elementi, creando così tra dipinto e foto dei piccoli miracoli di sintonia, che non smettono mai di emozionare chi li osserva. L’Associazione Asadin, che ha curato la mostra, è stata fondata a Cinisi (PA) nel 2007 da un gruppo di fotografi amatoriali e da allora la sua attività, che si svolge principalmente tra Cinisi e Terrasini, si caratterizza per l’impegno verso tematiche rivolte alla salvaguardia del territorio, all’affermazione dei diritti umani e dell’equità sociale.

L’inaugurazione della mostra è avvenuta domenica 7 Agosto. Più di trecento i partecipanti accolti da uno dei meravigliosi tramonti che si affacciano sulla splendida costa terrasinese, nell’atmosfera davvero suggestiva di Torre Alba. Grandi emozioni hanno suscitato queste Sicilie in mostra che hanno la forza di coinvolgere e toccare le corde più intime degli isolani che vivono in prima persona il racconto dolce amaro narrato dai dipinti e dalle foto, ma anche i non siciliani che, comunque, non possono non sentire propria la storia di una terra così importante e viva in tutte le sue contraddizioni.

La serata di inaugurazione della mostra e presentazione del relativo catalogo, è stata condotta da Emanuela Schirru, sono seguiti gli interventi del Sindaco di Terrasini Giosuè Maniaci e del direttore artistico del Comune di Terrasini Vincenzo Cusumano, che hanno fortemente voluto che questa mostra, patrocinata dal Comune di Terrasini, fosse presente nella splendida location di Torre Alba finalmente riaperta al pubblico con la nuova veste di luogo di arte e cultura. E’ intervenuto poi Giovanni Impastato per Casa Memoria Impastato Edizioni, Vinny Scorsone, scrittrice e Critico d’arte, il cui testo è inserito nel prezioso catalogo, Evelin Costa socia dell’associazione Asadin ed infine il Pittore Pino Manzella, che ha concluso l’intervento dicendo che nella mostra manca una Sicilia, quella che ha dentro uno specchio dove ognuno di noi può rivedersi e riconoscersi.

Davvero grande è stato l’abbraccio degli intervenuti al pittore Manzella ed ai fotografi Asadin e tante le riflessioni e le emozioni che sono scaturite dal tema della mostra. Come scrive Umberto Santino nella presentazione del catalogo, qui c’è “la Sicilia, o meglio le Sicilie, con tutte le sue contraddizioni, con i suoi miti e i suoi stereotipi ma pure le sue semplici, quotidiane, umili e preziose speranze-certezze”. Quello delle Sicilie, sottolinea Giuseppe Viviano curatore del catalogo della mostra, “è un progetto ambizioso e complesso, e per questo affascinante, intorno a un’isola che non ha eguali […] terra di miti e di contrasti, di mafia e di antimafia, meta di arrivi e di partenze, luogo di speranze e di sogni infranti, centro di potere e di speculazioni, crogiolo e mosaico di culture, terra di conquista, di agrumi, di sale e di fuoco, teatro di pupi e di pupari, di carretti e malaffare, di mostri e di dèi…”. Non si può non rimanere affascinati da una terra come la Sicilia e da una mostra che la racconta per quella che è.

 

La mostra è visitabile fino al 26 Agosto 2016 dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 23.00, presso Torre Alba, nel Lungomare Peppino Impastato a Terrasini (PA).

Palermo e Santa Rosalia. Il racconto della mostra “Rosalia la più bella”

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Palermo e la sua “Santuzza” sono indissolubilmente legati in un intreccio vigoroso fatto di radici, fede, suggestioni e dedizione.  Il culto per Rosalia ogni anno raggiunge il suo apice di passione e devozione durante i giorni del “Festino”, il 14 e 15 Luglio, con festeggiamenti, la processione del “Carro” ed i suggestivi giochi di fuoco al Foro Italico. La celebrazione della Santa si ripropone il 4 Settembre, giorno in cui si svolge la così detta “acchianata” a piedi, la salita sul Monte Pellegrino dove si trova il santuario dedicato a Rosalia.  “Viva Palermo e Viva Santa Rosalia” è un saluto, un grido di gioia, di incitazione ed anche di disperazione.

L’amore che i palermitani provano per Rosalia è proporzionale a quello che provano per la propria città, un amore forte, ardente, estremo, intenso. Rosalia è la Santa che, secondo la tradizione, ha liberato Palermo dalla peste del 1624, giungendo in sogno al saponaio Vincenzo Bonello, nel momento in cui l’ afflizione causata  dalla perdita della moglie per la peste, lo stava portando sul Monte Pellegrino a compiere l’ultimo gesto.

Palermo, nel corso dei secoli, di pestilenze, oltre quella del 1624, ne ha avute tante, perché la peste è anche una metafora del male, un male atavico che soprattutto viene da dentro. Una sofferenza spesso autoprodotta, che non fa sviluppare una città bellissima e preziosa, un degrado morale dei poteri che come una nube tossica investe tutti e schiaccia chi vorrebbe cullare e coltivare una città che ha la strana capacità di anestetizzare i suoi abitanti, spesso inerti davanti a tutto, ma capaci di slanci  e  reazioni inattese. Esistono a Palermo grandi talenti a volte soffocati, perché si scontrano con un immobilismo narcotizzante.

Rosalia per i palermitani, in questa atavica incapacità terrena di ribaltare l’amara sorte della propria città,  rappresenta l’ultraterreno “ultimo appiglio”, la speranza estrema alla quale aggrapparsi. E’ colei che con la sua coerenza ha avuto la capacità di rinunciare all’opulenza che la vita di nobile normanna le avrebbe donato, per portare avanti la propria idea o fede. Ci racconta la forza catartica di dire di no, di cui spesso ci sarebbe bisogno e che troppo spesso si attribuisce solo a Santi ed Eroi per non assumersi la responsabilità di cambiamento. Rosalia, la ragazzina bellissima che ha scelto la grotta e l’eremitaggio purifica i palermitani dalle proprie incapacità e dona loro la forza di reagire quando tutto sta per crollare, sembra non giudicare i suoi concittadini, ma proteggerli come farebbe una madre, una sorella, in primo luogo da se stessi.  Come si fa a non amare una donna, una Santa così?

In questi giorni a Palermo ho avuto modo di visitare la mostra “Rosalia la più bella” inaugurata il  9 luglio 2015 presso la Cattedrale di Palermo, ideata da  Francesco M. Scorsone e Loreto Capizzi, visitabile fino al 31 Luglio 2015. Una collettiva che esalta la bellezza di Santa Rosalia secondo la differente visione di ogni artista, regalandone un’immagine variegata e complessa che va oltre la classica iconografia, pur mantenendone in alcune opere i simboli principali tra cui le rose, il teschio ed il Monte Pellegrino, emblema di Palermo e luogo in cui furono ritrovati i resti di questa bellissima giovane donna che scelse il romitaggio alla vita convenzionale.

Nell’opera di Antonella Affronti si mette in rilievo la giovinezza, l’innocenza di questa Santa che ci appare quasi bambina. I colori tenui, tendenti al grigio della grotta e della freddezza a cui la Santuzza si è abbandonata per sfuggire a una sorte non voluta, sono ravvivati solo dal rosso delle rose che le circondano il capo e dal tenue colore delle gote arrossate che le regalano ancora un tepore vitale, durante una preghiera solo accennata. Nel quadro di Anna Balsamo da una cornice si intravede la presenza della Cattedrale alle spalle di Rosalia, coronata da rose fresche, circondata da gigli, abbigliata nel classico saio da eremita e caratterizzata da uno sguardo ieratico, come fosse un’icona moderna, la bocca appare tuttavia carnosa come una rosa e con un accenno di malinconia.

La Santa Rosalia di Alessandro Bronzini ha fattezze classiche, evanescenti e meditative. Coronata da rose candide protegge dall’alto Palermo, rappresentata dal Monte Pellegrino, il cielo e il mare hanno toni cangianti a ricordarci forse il passare del tempo. Nell’opera di Sebastiano Caracozzo, Rosalia ha lo sguardo verso il basso, legge un libro e ci ricorda l’immagine di lei, giovane ed elegante, ancora all’interno della propria camera, intenta a meditare sulle sue future scelte, l’abbandono di una vita opulenta fatta di stoffe damascate e ricami dorati, ricchezze e false presenze.  Aurelio Caruso rappresenta una Rosalia immersa in un mondo attuale, una Santa dalla pelle ambrata,  solo le piccole rose rosse ci rammentano di chi si tratti, ma in questo caso non importa quale sia il paese di provenienza, ma il simbolo di universalità, di sofferenza, di un viaggio (come la vita stessa è) a volte scelto a volte imposto. Ci appare come disegnata da un writer su un muro sporco e la storica frase “Viva Palermo e Viva Santa Rosalia” è emblematicamente sostituita da un “Viva Lampedusa e Viva Santa Rosalia”.

Nell’opera di Tanina Cuccià è rappresentata una Santa dallo sguardo fermo, coronata da rose che si disegnano tra scritte e fiori. E’ una Santa meditabonda che tiene una croce in mano ed il teschio. Nell’opera di Enzo D’alessandro, il viso della Santa ci appare moderno e compare appena tra colori intensi, globi, squarci di luce. E come quegli occhi nocciola appaiono appena tra i toni dell’ arancio della Conca d’oro, così compare anche la  mano che tiene una croce di luce ed un teschio bianco. Nell’opera di Angelo Denaro, di grande impatto materico, il viso di Rosalia è molto bello, santo ma sensuale allo stesso tempo, moderno. Le rose si confondono tra i capelli e alle sue spalle si scorge il pianeta (simbolo ricorrente nelle opere dell’artista) ed anche i famosi “Giganti di Porta Nuova”, a ricordare la città di Palermo bisognosa di protezione. La Santa Rosalia di Stella Febbraro è quella che maggiormente ricorda l’iconografia classica, i capelli fulvi da giovane normanna, un giglio bianco, simbolo di purezza, il teschio ed uno sguardo estatico. Interessante la Santa di Naire Feo, una Santa che non c’è, questa assenza le rende una presenza paradossalmente ancora più imponente, perché inconscia. La corona di rose galleggia nel cielo e protegge la città simboleggiata dal monte Pellegrino. Rosalia è assente anche nel quadro di Giovanni Gambino, di lei rimane solo una rosa che nuota nel mare, a ricordare la sua nascita dagli abissi come fosse una nuova Venere, alle spalle c’è Monte Pellegrino. Nell’opera di Giuseppe Gargano i toni azzurri velano di una sorta di malinconia la Cattedrale, la Santa veglia dall’alto con un’espressione decisa e forse in parte anche indignata. La Rosalia di Kindia è la più moderna, “spiritualmente punk”. Sono presenti tutti i simboli, ma sono stilisticamente ribaltati, c’è il saio che sembra un abito dark, c’è la corona di rose tolta dal capo, c’è il teschio che è un tatuaggio ed una croce legata ad una catena viene ostentata con orgoglio. Nell’opera di Alessio Lo Prete a colpire è il tratto della pittura, deciso, discontinuo, ondulatorio, quasi circolare e vibrante a partire dalle rose. Tutta l’attenzione si concentra sul volto il cui sguardo si protende verso l’alto.

Nell’opera di Pino Manzella, la Santa emerge dalle carte antiche velate di azzurro alle cui spalle si può scorgere il Monte Pellegrino. Rosalia appare più donna che Santa, l’espressione è determinata e fiera, le rose sono protagoniste di bellezza, ma una foschia scura circonda la luce emanata dalla Santa a ricordarci che questa è una storia che parla di sofferenza e voglia di un riscatto, tutto umano.  La Santa Rosalia di Daniela Marcianò è quasi una ninfa che spunta dal mare. Come era stato rivelato ai genitori di Rosalia, lei sarebbe stata una rosa senza spine e questa Rosalia è infatti serena e fiabesca, ma qualche ferita si scorge nel suo corpo ibrido e non conformemente umano. Nell’opera di Laura Natangelo, Rosalia è quasi accennata, un’opera di grande sensibilità, bastano pochi segni a far intravedere una Santa che c’è e osserva la sua città rappresentata dal Monte Pellegrino. La Santa Rosalia di Vanni Quadro sembra una donna dell’alta borghesia palermitana dipinta paradossalmente su un foglio di cartone. Lo sguardo elegante, sognante di donna preziosa e nel suo anulare al posto di un diamante compare un teschio, prezioso anche quello, ma di altre ricchezze. L’opera di Caterina Rao ci mostra una Rosalia moderna, la posa è di preghiera ma lo sguardo basso è quasi sensuale e ce la fa apparire una donna vera e contemporanea, in pace con se stessa.  Santa Rosalia dipinta da Tiziana Viola Massa è vibrante ed emotivamente toccante, scomposta nei capelli e nell’abbigliamento, mostra un aspetto spirituale e carnale allo stesso tempo,  lo sguardo quasi infantile ed in meditazione estatica ci lascia intravedere una forte spiritualità tutta umana. La rosa sembra fuoriuscire dal quadro e lasciare ferite irreparabili al suo animo, mentre il teschio è abbracciato al ventre come fosse quello di una madre. Nell’opera di Maria Stella Zangara Santa Rosalia è rappresentata classicamente nella sua ascensione in cielo tra gli angeli, la santa è impreziosita d’oro ed in estasi domina su tutto.

Complessivamente questa è una mostra che ci presenta una Santa in diverse sfaccettature, da visitare per nutrirsi di arte, di spiritualità, di umanità, di amore per una città che merita il suo riscatto.

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La Settimana Santa in Sicilia, il menù di Pasqua e la cassata

Il periodo della Settimana Santa accomuna ogni grande o piccola città della Sicilia per la presenza di celebrazioni che spesso uniscono la sacralità religiosa con antiche tradizioni primaverili di origine pagana che simboleggiavano la rinascita dopo la morte. Moltissime persone partecipano in massa ad una serie di eventi di grande impatto emotivo che enfatizzano con teatralità i più contrastanti sentimenti umani. Continua su cinisionline

San Martino, tra dolci e vino

Il giorno di San Martino e la così detta “estate di San Martino” si festeggiano con dolci e vino. Non tutti forse conoscono la storia di questo Santo, ma l’occasione per imbandire la tavola non viene persa.

San Martino, tra dolci e vino

L’ 11 Novembre che è il giorno di San Martino se ricorre in un giorno feriale viene definito “San Martino dei ricchi” perché può essere festeggiato dalle persone più benestanti che non hanno bisogno di aspettare la domenica successiva (detta “San Martino dei poveri”)  per celebrare il santo a tavola.

Durante questa festa si consumano tre tipi di biscotti, i più semplici sono i “tricotti” di forma rotonda e aromatizzati da semi di finocchio selvatico. Questi biscotti molto croccanti si bagnano nel Moscato, un vino dolce ricavato da uve “inzolia”.

Lo stesso biscotto (con una pasta un po’ più morbida e meno croccante del precedente), viene inzuppato nel rum e condito in due diverse versioni. Una è con la ricotta e scaglie di cioccolato e ricoperto da zucchero velato. L’altra versione è di grande impatto da un punto di vista estetico, perché le sue decorazioni potrebbero sembrare gli ornamenti di una chiesa barocca. Ha al suo interno la conserva verde ed è ricoperto totalmente da una glassa di zucchero che lo  rende simile a una cupoletta bianca, è  arricchito da ghirigori sempre di glassa di diversi colori, bianco, rosa, celeste,  ed adornato da confetti colorati, da cioccolatini incartati e da decorazioni argentate.

Il giorno di San Martino coincideva con culti precristiani e rurali in cui si celebravano gli ultimi giorni caldi prima dell’inverno, quella che poi venne chiamata “l’estate di San Martino”. CONTINUA su cinisionline

La “muffuletta” del 2 Novembre

A Muffuletta del 2 Novembre

Il 2 Novembre a Palermo, in ricordo degli antichi banchetti che si svolgevano all’interno dei cimiteri per la “Festa dei Morti”, si usa ancora oggi mangiare a “muffuletta”, una pagnotta veloce da preparare e da portare fuori casa.

L’usanza di imbandire banchetti all’interno dei cimiteri aveva come scopo quello di accorciare le distanze con i propri parenti defunti e di condividere insieme a loro, almeno per un giorno l’anno, la cosa più naturale della vita, il momento del mangiare. Anche se questa tradizione è ormai scomparsa, nessuno a Palermo rinuncerebbe in questa giornata a mangiare la propria “muffuletta”, un pane tondo e un po’ schiacciato,  spugnoso, coperto in superficie dal cimino (semi di sesamo).

Per l’occasione si gusta “maritata”, condita con la ricotta di pecora, ma soprattutto  “schietta”, con olio d’oliva, sale, pepe, sarde salate e caciocavallo; ogni famiglia ha la sua ricetta. C’è chi preferisce mangiarla per colazione al posto del pane con il latte, sembrerebbe un atto di coraggio, se non fosse che per lo stomaco dei palermitani abituati a far colazione con pane e panelle, ravazzate, iris fritte o arancine, la muffuletta al confronto è poca roba. C’è chi invece la mangia a pranzo, prima di continuare a festeggiare con dolci, biscotti e frutta martorana. CONTINUA su cinisionline

Antiche donne siciliane tra luci ed ombre

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Le donne siciliane dei tempi passati hanno sempre colpito il mio immaginario, donne che hanno spesso imparato a vivere nell’ombra, depositarie di saggezza ma anche di uno strano cinismo, fragili ma anche “brutali” e più concrete delle donne di oggi, perché abbarbicate ad un lato più istintivo della vita;  spesso oppresse da quello stesso sistema patriarcale e retrogrado di cui si facevano portatrici insegnando alle donne più giovani come comportarsi per “gestire” i loro mariti, per sopportare l’insopportabile ed a volte per farlo diventare un vantaggio per se stesse, perché si deve sempre fare di “necessità virtù”, ma senza mai ribellarsi apertamente, perché custodi di quel modo di vivere, e se un’altra donna ne voleva uscire fuori si chiudevano a riccio per preservare l’esistente. Le donne molto anziane però alcune volte sembrano più “moderne” di quelle delle generazioni successive, forse meno moraliste e più aperte nel comprendere e risolvere a modo loro i drammi della vita:  dai tradimenti, alle separazioni, dalle nascite alle morti, sempre con un orecchio pronto ad ascoltare, con qualche proverbio da cui essere sostenute e con una soluzione pratica da proporre, senza troppi turbamenti “psicologici” che affliggono le più giovani, sono state abituate dalla vita a indurirsi: tra la guerre, la povertà, la violenza, le tante morti di parenti e anche di figli,  si sono anestetizzate in parte dal dolore e rese  dure, con una scorza arida al cuore, come spesso è quella pelle indurita di certe signore molto in avanti con gli anni. CONTINUA

La mia rubrica di cucina su cinisionline.it

In questi ultimi giorni alcune novità per Agave blog e per me, ho finalmente deciso di prendere il dominio personalizzato per il mio blog, dopo sei anni ho deciso di fare questo passo e quindi adesso si potrà trovare scrivendo semplicemente http://www.agavepalermo.com

L’altra novità per me molto bella è che ho cominciato a collaborare con http://www.cinisionline.it dove terrò una rubrica di cucina siciliana che si chiama “A Favorire”.  Sono molto contenta, il primo articolo è sul “Caciocavallo all’argentiera” una ricetta di cui fin ora non avevo mai scritto.

Buona lettura

caciocavallo all'argentiera       Caciocavallo

La Sicilia è un’isola indecifrabile e dal grande fascino, ricca di contrasti e contraddizioni che riescono misteriosamente a convivere creando strani ed inaspettati equilibri.

E’ una terra dove si incontrano e si scontrano il bene ed il male, abitata da un popolo a volte indolente, ma dagli improvvisi slanci passionali ed è una terra dolce ed aspra e questo si esprime anche nella sua cucina, la cui filosofia di fondo è proprio l’armonia tra gli opposti… CONTINUA