Recensione di Malavita, donne tra oppressione e riscatto

MALAVITA di Giankarim De Caro edito da Navarra Editore è un romanzo avvincente, toccante, coinvolgente. Il linguaggio diretto e privo di orpelli lo rende scorrevole ed autentico, ne emerge uno sguardo dell’autore essenziale, empatico, ma mai invadente.

Le protagoniste sono donne non edulcorate, non eroine, non donne pure, idealizzate, non madri amorevoli protettrici del focolare domestico. Sono donne intere, piene di contraddizioni e miserie, limiti e sbagli, provate dalla vita, investite da un destino quasi inevitabile causato da una condizione di povertà e da un degrado materiale e valoriale da cui è difficile, quasi impossibile strapparsi fuori. Non sono però semplici vittime, sono oppresse, ma non arrendevoli, cercano di afferrare la propria amara vita, non tanto per cambiarla, quanto per esserne protagoniste, nel bene e nel male. Anche se non possono decidere il proprio destino e anche se condizionate dal contesto storico e sociale in cui vivono fanno scelte libere, schiacciate e calpestate continuano a resistere. Quando, ad esempio, cercano di proteggere il proprio nucleo familiare lo fanno senza risparmiarsi, all’occhio di tanti in modo riprovevole, cedendo al compromesso, ma lo fanno senza cercare consensi popolari, senza ipocrisie, causando dolore ai propri cari, ma la vita non è mai clemente con loro, nulla viene risparmiato, pagano tutto a caro prezzo, la vita è sempre crudele e tiranna.

Le protagoniste del romanzo, la mamma Lucia e le figlie Provvidenza, Pipina e Grazia sono prostitute, Lucia si ritrova in questa condizione quasi come per una condanna che la vita le ha inferto da innocente, non c’è possibilità di scampo per lei, il suo ruolo di subalterna, di donna bambina indigente, di figlia di serva, la pone in balia del potere maschile, la rende sola, vittima sacrificale della bramosia della nobiltà. Una classe, quella dei nobili, che ritiene di poter disporre di tutto, anche di un giovane corpo femminile, perché le donne, per lo più povere sono niente in quel sistema: prese, vendute e cedute a piacimento. Anche gli uomini del popolo non sono da meno, perché la violenza del genere maschile su quello femminile supera le differenze sociali. Le figlie di Lucia soccomberanno al medesimo destino. Chi costretta, chi accettando i benefici della propria sorte.

La prostituzione nel romanzo è una condizione da cui non ci si può mai affrancare “chi è pulla (prostituta) lo sarà per sempre”.

Queste donne non sono mai trattate dall’autore con moralismo, anche quando la malattia, il disagio psicologico, la costrizione, la violenza, il compromesso ne annulleranno l’integrità intima e fisica, non sono mai giudicate. Si entra in contatto con loro, senza giustificazioni e senza colpevolizzazioni, ascoltandone la voce, le parole dette e anche quelle che non possono essere pronunziate.

Palermo emerge in tutta la sua opulenza ed il suo degrado. C’è un costante dialogo tra i bassi fondi e i luoghi della nobiltà, una nobiltà che è immorale e bassa più della società popolana, maltrattata, povera e degradata.

L’anomala saga familiare ha come sfondo gli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, la guerra e il dopo guerra. Anni di grande sofferenza, poveri e senza riscatto, La guerra è l’apoteosi del dolore, metafora di tutta una storia che parla di distruzione. I bombardamenti annullano la speranza di un vero riscatto ed il popolo ignorante e devastato è pronto anche ad inneggiare il proprio carnefice per un tozzo di pane e cioccolato. Cambia solo il nome dell’oppressore, ma non c’è una reale liberazione per un popolo da sempre vessato, abituato a cedere, a soccombere, ad accettare il compromesso in cambio della salvezza. La guerra non rappresenta una catarsi e la libertà non si impone con le bombe. La guerra è solo morte fisica e spirituale e da essa non potrà mai nascere una reale redenzione. E quindi ci si domanda, alla fine di tutto, se c’è e ci sarà mai la possibilità di un vero affrancamento per i poveri, per le donne, per gli ultimi, per chi soffre e su quali basi è stato costruito il nostro futuro.

Evelin Costa

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