Il pesce palermitano e i savuri bolliti con olio e limone

Fin da bambina mi è sempre piaciuto mangiare piatti a base di pesce, sarà che a furia di sentirmelo dire, mi ero proprio convinta che il pesce fosse come una speciale medicina magica, un toccasana utile a far diventare intelligenti, grazie al fosforo contenuto in esso; certo non posso dire che questa sia una verità scientifica, perché non me ne intendo e non posso nemmeno confermare che abbia funzionato su di me, perché non sarebbe tanto decoroso autoattribuirsi certi giudizi positivi, però ammetto che tuttora quando mangio del pesce, mi illudo di contribuire al miglioramento del mio cervello e quindi mi sento doppiamente contenta, anche se a ripensarci forse proprio questa mia ostinata convinzione potrebbe essere la prova che la storia che il pesce faccia diventare intelligenti non sia affatto vera… o forse è solo che non ne ho mangiato abbastanza.

savuri bolliti

Fosforo a parte, il pesce fresco a Palermo è sempre reperibile, soprattutto nei Mercati storici (Ballarò, Capo, Vucciria, Borgo vecchio), nei mercatini rionali (venduto dagli ambulanti dotati di motoape) o anche in alcune pescherie della città che a volte sembrano più delle gioiellerie e non mi riferisco certo ai riflessi d’oro e d’argento dei pesci esposti nei banchi. La varietà è tanta, le “balate” di marmo, coperte di ghiaccio e  continuamente rinfrescate dai pescivendoli con schizzi di acqua, sono piene di pesce fresco, soprattutto è il pesce azzurro a farla da padrone: il più economico ed accessibile alle tasche dei palermitani. continua

Il mio sfincionello

Ieri ho rifatto lo sfincione e devo dire che alla fine il risultato è stato davvero strepitoso e da consigliare a tutti. La ricetta l’ho ripresa dal blog della mia amica Elena a cui a sua volta l’ha data la mia zia materna Maria Teresa e che poi è la stessa che faceva il mio nonno che era fornaio e la sua specialità era proprio lo sfincione, non dico che mi è riuscito uguale al suo, cosa impossibile perché le sue mani erano magiche, ma non mi sono allontanata poi tanto. Purtroppo ho fatto la foto di  tutti i passaggi tranne  quella di quando era pronta perché l’ho mangiata con amici ed a tutto ho pensato tranne che a fare la foto. Metterò una foto di un altro mio sfincione fatto tempo fa, ma quello di adesso è migliorato tantissimo!

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Adesso un po’ di storia e curiosità sullo sfincione tratti da un mio vecchio post e poi la ricetta rivista da me. continua

“U muluni”

Ecco il mio articolo pubblicato sulla pagina facebook di I love Italian Food
Scritto in italiano e inglese.
Tratto da un  mio vecchio post
 
muluni

“U muluni” (l’anguria) per i palermitani più che un frutto è una “passione” a cui d’estate non si può rinunciare: soprattutto piace mangiarlo in uno dei chioschi della città o durante una gita al mare. continua

“A Persica cu vinu”, il mio bisnonno e gli ‘gnuri palermitani.

D’estate i palermitani amano mangiare fuori, frase con cui si può intendere il mangiare al ristorante  oppure… in balcone: sempre di stare fuori casa si tratta e per di più all’aperto, senza il bisogno di stordirsi con la cosiddetta aria confezionata.

Quando c’è caldo e si decide di mangiare all’aperto, in giardino, campagna, al tipico villino che la maggior parte dei palermitani possiede, o in extremis nel balcone di casa, serve qualcosa di fresco e dissetante, in questi casi l’ideale per i palermitani è una bella fetta di muluni, ma una valida alternativa è anche “a persica cu vinu” (la pesca col vino).

 persica cu vinu

La persica col vino piace tantissimo ai palermitani che infatti  la portano pure al Festino di Santa Rosalia, perché si “accoppia” bene con i babbaluci, è rinfrescante e gustosa e mangiare i pezzetti di pesca estraendoli dal bicchiere con la forchetta è una vera goduria.  In passato era un tipico cibo da taverna, veniva servita nelle cosiddette “cannate”, dei grandi boccali di vetro, e insieme alle uova sode, alle fave a cunigghiu, ai babbaluci, al mussu a stricasali etc, era uno dei cibi che fungeva anche da passatempo. Si innaffiava il tutto con litri di vino e si giocava al “tocco”, classico gioco che stimolava gli avventori a bere sempre di più. continua

Milincianeddi ammuttunati della nonna

Di tanto in tanto in questo blog scrivo di mia nonna che è una vera palermitana doc da generazioni e tra le sue caratteristiche c’è quella di saper cucinare solo “alla palermitana”: non riesce a concepire altre ricette, non saprebbe nemmeno da dove cominciare, lei a tavola conosce e riconosce babbaluci agghio e ogghio, testa di capretto cunzata, cacocciuli ca tappa i l’ovu, pasta chi tinnirumi, fasola acciurati, pipi ammuttunati, caponata, pasta chi sardi, sardi a beccafico, carduna ca pastietta, spitina, vrocculi affucati, cucuzza fritta, crastuna cu picchiopacchio, pasta c’anciova, capretto aggrassato, cacocciuli fritti, vopi ca cipuddata, baccalà chi passuli, capone fritto, ficatu ri sette cannola, pasta cu sucu e i milinciani fritti, ficatu fritto all’agrodolce etc, se dovesse preparare dell’altro si confonderebbe ed il suo stomaco non riuscirebbe mai a digerire una minestrina, perché lei dice che non bisogna “malabbituarlo”, perché poi si ritroverebbe a mangiare come una malata e a non campare più. La sua filosofia di vita (gastronomica) si può riassumere in due detti : “a panza è biddicchia cchiùssai ci ‘nni metti cchiùssai si stinnicchia” e “ a carni sta bedda a atta”.

Milincianeddi ammuttunati

Mia nonna, per confondere mio padre, simula di mangiare “a leggero” almeno a cena: insalate, minestre o una tazza di latte, però puntualmente lui trova tracce di “todari” fritti, nunnata, babbaluci etc. Qualche giorno fa avendo sentito odore di gamberi le ha chiesto: “mamma hai  cucinato gamberi bolliti?”. Ha risposto: “no, assolutamente, unni manciavu”. Ma lui sentendo il forte odore ha cercato tracce e le ha trovate, erano gamberetti fritti mimetizzati in frigo, lei messa davanti al fatto compiuto ha detto: “ma unn’eranu vugghiuti, eranu fritti” (ma non erano bolliti erano fritti). E si, bisogna essere molto precisi… continua

U canazzu di milinciani

I piatti estivi e vegetariani più amati dai palermitani sono la caponata e la peperonata, entrambi con una precisa identità e degli ingredienti fissi che non possono mutare, preparati con ortaggi fritti e soprattutto arricchiti dal sapore agrodolce che caratterizza la cucina tipica palermitana. Però c’è un piatto simile a questi, ma con alcune differenze e soprattutto un nome davvero particolare: “U canazzu”.

canazzu

Quando sento parlare di “canazzu” penso a due cose, o il  “canazzo di bancata”, termine con cui si indicano i cani di strada che attendono il cibo appostandosi dietro i banchi dei mercati e metaforicamente gli uomini rozzi e volgari, anche detti  in modo rafforzativo “scanazzati”, oppure il Canazzo che si mangia. Quest’ultimo è composto dagli identici ingredienti della più nota peperonata: melanzane, peperoni, cipolle, patate e pomodoro, la differenza sta nella cottura (da cui il piatto trae il nome) e dall’assenza dell’agrodolce. continua

Il Festino di Santa Rosalia su I Love Italian Food

Ho cominciato una collaborazione con I Love Italian Food, ecco il mio primo articolo dedicato al Festino di Santa Rosalia, scritto in lingua italiana e inglese.

Festino di Santa Rosalia

“U Fistinu” di Santa Rosalia

Per Palermo si avvicina l’evento più importante in assoluto, la Festa per eccellenza, un momento che unisce tutti, l’unione tra sacro e profano, tra devozione e divertimento, il concentrato della vera palermitanità: insomma il mitico Festino dedicato a Santa Rosalia, la “Santuzza” protettrice di Palermo… continua

“The Feast” of Santa Rosalia

Palermo waits its most important event ever, the festival par excellence, a moment that represents the union between the sacred and the profane, between devotion and entertainment, the concentrate of the real “palermitanità”: in short, the legendary Feast dedicated to Santa Rosalia , the “Santuzza” patron of Palermo.
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ChiaraCucina, il libro di una palermitana-vegetariana doc.

Qualche giorno fa sono finalmente entrata in possesso di due libri gastronomici  ai quali  tenevo molto. Partecipando alla manifestazione “Una Marina di libri” svoltasi a Palermo ho avuto l’occasione di rivedere la mia amica d’infanzia Chiara Chiaramonte e conoscere per la prima volta nel mondo reale Stefania Oliveri. Un vero piacere in entrambi i casi ed ho avuto modo di tornare a casa con in mano  due interessantissimi libri che le due foodblogger hanno  da poco pubblicato con la casa editrice Navarra Editore.

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In questo post vorrei parlare di Chiara e del suo libro, che nasce dall’omonimo blog Chiaracucina.  Prossimamente scriverò del libro di Stefania. continua