La Pasqua a Palermo

Questo articolo è stato tradotto in inglese sul sito turistico sunsealove, “Easter in Palermo” in English on sunsealove 

 

A Palermo la “settimana santa” è un periodo dell’anno ricco di rituali religiosi che raggiungono l’apice durante la Domenica di Pasqua, un giorno di festa che si celebra soprattutto a tavola, dopo il periodo quaresimale di “teorica astinenza dal cibo”, si può finalmente dare sfogo alla passione gastronomica che per i palermitani è di vitale importanza.

cassata
Ecco una rapida carrellata per segnalare gli eventi principali di questi giorni, che possono essere interessanti per chi, decidendo di trascorrere le proprie vacanze in Sicilia, volesse addentrarsi nello spirito più vero di questa città in cui si intreccia il sacro al profano e dove si può praticare un turismo che coniughi la conoscenza dei monumenti e delle numerose Chiese, la scoperta delle tradizioni folkloristiche ed i piaceri della tavola.
Si comincia con la Domenica delle palme durante la quale tutta la città è gremita di venditori di rami di ulivo dipinti d’oro e d’argento e originalissime palmette intrecciate. Il Giovedì Santo nelle Chiese vengono allestiti i “santi sepolcri”, con dei piccoli giardini creati dalle donne più devote su piatti di ceramica con germogli di grano o legumi, adornati con nastri colorati. La sera si svolgono i “giri dei sepolcri” per decretare il più bello come in una sorta di gara, un avviso per gli ignari turisti è di visitarne un numero dispari, la scaramanzia anche in questo caso detta le sue regole. Il Venerdì Santo ci sono le processioni che spesso si trasformano in veri colossal teatrali.

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Uno dei momenti più suggestivi è un rito lunghissimo che si svolge durante la notte della vigilia di Pasqua in ogni Chiesa, viene chiamato “a calata ra tila” (la discesa della tela) perché nella zona dell’altare vengono fatte scendere dall’alto delle grandi tele raffiguranti la Passione fino a mostrare il cristo risorto, il tutto si conclude con un forte scampanio.
La domenica di Pasqua si celebra soprattutto in famiglia e a tavola, con una serie di ritualità gastronomiche a cui i palermitani difficilmente rinuncerebbero. Di certo ciò che non può assolutamente mancare è “u caprettu aggrassatu chi patati” (capretto con glassa e patate), malgrado molti lo detestino (soprattutto l’odore che emana mentre cucina e, per gli animi più sensibili e per i turisti non abituati, per la vista raccapricciante che in questo periodo si manifesta davanti alle cosiddette “carnezzerie” della città, che espongono con fierezza i loro capretti attaccati a dei grossi uncini di metallo) è un “sacrificio” che nessuno può evitare.

Pasqua e il capretto.
Così, dopo aver gustato anelletti cu capuliato (anelletti con ragù), capretto e patate fritte e aggrassate, un intero gregge di “picureddi” (pecorelle di martorana), ecco che in tavola arriva la regina della tavola, la torta per eccellenza, un tripudio di dolcezza, il monumento barocco della pasticceria palermitana, un dolce elegante e scenografico, denso di storia, la più bella di tutte: la Cassata. Senza lei non sarebbe una vera Pasqua, si trova in tutte le migliori pasticcerie di Palermo ed ogni turista in vacanza in Sicilia dovrebbe assaggiarla per conoscere più profondamente la città.

La Cassata, metafora di Palermo

Dopo di ciò non resta che bere una tazza di acqua cu l’addauru (alloro) per digerire anche questa festa e prepararsi alla Pasquetta, alle “arrustute” e alle mangiate che in Sicilia sembrano non finire mai.

La “Festa di li Schietti” a Terrasini e la Settimana Santa in Sicilia

Il periodo della Settimana Santa accomuna ogni grande o piccola città della Sicilia per la presenza di celebrazioni e festeggiamenti che spesso uniscono la sacralità religiosa con antiche tradizioni primaverili di origine pagana, che simboleggiano la rinascita dopo la morte e coinvolgono moltissime persone che, da protagoniste o da spettatrici, partecipano in massa ad eventi di grande impatto emotivo che con teatralità enfatizzano i sentimenti umani, dalla tristezza alla gioia e nella metafora pasquale, dalla passione alla resurrezione.

festa de li schetti
Ogni festeggiamento si arricchisce di elementi originali che variano per grandi o piccoli particolari nelle differenti città, momenti carichi di suggestione, sofferenza , superstizioni, enfasi e pathos, dolore e dissacrazione. continua

L’azolo: un colore siciliano

Da bambina se qualcuno mi avesse domandato quali sono i sette colori dell’arcobaleno, avrei cominciato il mio elenco nominando subito “l’indaco”, sarà che mi sono sempre piaciute le cose complicate e difficili da tenere in mente. Quando ho scoperto l’esistenza di questo colore che è uno strano incrocio tra il blu ed il violetto, ne sono subito rimasta colpita, ma in realtà la prima volta che ho  scoperto la parola “indaco”, conoscevo già  da tempo la sua tonalità, solo che lo avevo sempre sentito chiamare alla maniera siciliana: “azolo”.

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L’azolo è un colore dal “sapore” atavico, anticamente quando le nostre nonne lavavano la biancheria usavano risciacquarla in acqua e azolo per togliere quel l’ingiallimento che spesso il tempo, l’usura ed i raggi solari provocavano alle lenzuola, che quando venivano stese per essere asciugate,  avrebbero dovuto scintillare e veleggiare all’aria aperta come delle colombe bianchissime. A pensarci  bene l’uso dell’azolo più che una vera soluzione, era un trucco di illusione ottica: le nostre nonne,  alchimiste inconsapevoli, non potendo eliminare il giallo, lo coprivano con l’azzurrato dell’indaco e come per magia la biancheria, magari vecchia o rattoppata, ritrovava il suo splendore. continua

Il Parco d’Orleans a Palermo, un soffio di natura

I parchi per una città rappresentano una risorsa fondamentale, un soffio d’aria in un’atmosfera ormai irrespirabile: dove ormai la cementificazione ha raggiunto livelli insopportabili aggravati dalla paradossale mancanza di abitazioni per tante persone che vivono senza casa, dove costruiscono opere che quasi sempre si trasformano in cantieri infiniti e dove gli antichi palazzi crollano tra l’incuria e l’abbandono, ogni giardino, ogni albero, ogni filo d’erba, sono un barlume di vita.

Villa d'Orleans

Uno dei parchi più conosciuti di Palermo è la Villa D’Orleans. E’ immerso nel cuore della città, vicino al Palazzo dei Normanni, storicamente era una tenuta fondata da Ferdinando IV di Borbone nel 1797, negli anni subì diverse trasformazioni, fin quando il parco e la dimora furono venduti alla Regione Sicilia e nel 1955, inserito all’interno del più ampio giardino storico (che tra l’altro ospita anche la cittadella universitaria), fu inaugurato il parco ornitologico che ancora oggi (e non si sa per quanto tempo visto che purtroppo è appena cominciato lo sfratto di questi pennuti per i tagli alle spese) accoglie varie e rare specie di uccelli, sia liberi che in gabbia. continua

Il mio sfincionello

Ieri ho rifatto lo sfincione e devo dire che alla fine il risultato è stato davvero strepitoso e da consigliare a tutti. La ricetta l’ho ripresa dal blog della mia amica Elena a cui a sua volta l’ha data la mia zia materna Maria Teresa e che poi è la stessa che faceva il mio nonno che era fornaio e la sua specialità era proprio lo sfincione, non dico che mi è riuscito uguale al suo, cosa impossibile perché le sue mani erano magiche, ma non mi sono allontanata poi tanto. Purtroppo ho fatto la foto di  tutti i passaggi tranne  quella di quando era pronta perché l’ho mangiata con amici ed a tutto ho pensato tranne che a fare la foto. Metterò una foto di un altro mio sfincione fatto tempo fa, ma quello di adesso è migliorato tantissimo!

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Adesso un po’ di storia e curiosità sullo sfincione tratti da un mio vecchio post e poi la ricetta rivista da me. continua

“A Persica cu vinu”, il mio bisnonno e gli ‘gnuri palermitani.

D’estate i palermitani amano mangiare fuori, frase con cui si può intendere il mangiare al ristorante  oppure… in balcone: sempre di stare fuori casa si tratta e per di più all’aperto, senza il bisogno di stordirsi con la cosiddetta aria confezionata.

Quando c’è caldo e si decide di mangiare all’aperto, in giardino, campagna, al tipico villino che la maggior parte dei palermitani possiede, o in extremis nel balcone di casa, serve qualcosa di fresco e dissetante, in questi casi l’ideale per i palermitani è una bella fetta di muluni, ma una valida alternativa è anche “a persica cu vinu” (la pesca col vino).

 persica cu vinu

La persica col vino piace tantissimo ai palermitani che infatti  la portano pure al Festino di Santa Rosalia, perché si “accoppia” bene con i babbaluci, è rinfrescante e gustosa e mangiare i pezzetti di pesca estraendoli dal bicchiere con la forchetta è una vera goduria.  In passato era un tipico cibo da taverna, veniva servita nelle cosiddette “cannate”, dei grandi boccali di vetro, e insieme alle uova sode, alle fave a cunigghiu, ai babbaluci, al mussu a stricasali etc, era uno dei cibi che fungeva anche da passatempo. Si innaffiava il tutto con litri di vino e si giocava al “tocco”, classico gioco che stimolava gli avventori a bere sempre di più. continua

Il Festino di Santa Rosalia su I Love Italian Food

Ho cominciato una collaborazione con I Love Italian Food, ecco il mio primo articolo dedicato al Festino di Santa Rosalia, scritto in lingua italiana e inglese.

Festino di Santa Rosalia

“U Fistinu” di Santa Rosalia

Per Palermo si avvicina l’evento più importante in assoluto, la Festa per eccellenza, un momento che unisce tutti, l’unione tra sacro e profano, tra devozione e divertimento, il concentrato della vera palermitanità: insomma il mitico Festino dedicato a Santa Rosalia, la “Santuzza” protettrice di Palermo… continua

“The Feast” of Santa Rosalia

Palermo waits its most important event ever, the festival par excellence, a moment that represents the union between the sacred and the profane, between devotion and entertainment, the concentrate of the real “palermitanità”: in short, the legendary Feast dedicated to Santa Rosalia , the “Santuzza” patron of Palermo.
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Il mio Biancomangiare

C’è un dolce siciliano di cui ho sempre conosciuto il nome, ma che non avevo mai mangiato, o almeno così credevo.

biancomangiare

Il dolce in questione è il Biancomangiare, che come scriveva Pitrè ne  “La vita in Palermo cento e più anni fa”  era uno di quei dolci che nel ‘700 a Palermo venivano preparati dalle mani delle monache di clausura, in questo caso quelle del Monastero di Santa Caterina  “Ciascun monastero aveva un piatto, un manicaretto, ch’era come il suo distintivo, ma anche il dolce speciale solito a farsi nel monastero medesimo…come nessuno sapeva fare la cucuzzata (zucca condita) e il bianco mangiare (specie di gelatina di crema di pollo) di S.Caterina”  . Questo dolce è anche  rinomato perché citato nel Gattopardo, quando Don Fabrizio all’ormai celebre ballo, si siede al tavolo per dialogare e contemporaneamente gustare un dolce davvero elegante: “Mentre degustava la raffinata mescolanza di biancomangiare, pistacchio e cannella racchiusa nei dolci che aveva scelti, don Fabrizio conversava con Pallavicino e…” continua